IL MUSEO.
Il Museo regionale della Memoria e della Pace “Giovanni Palatucci” , unico museo della memoria in Campania, è stato istituito nel 2008 per raccontare la triste vicenda che la cittadina salernitana ha vissuto durante la Seconda Guerra Mondiale quando, in seguito alle leggi razziali, si decide di istituirvi due centri di internamento per prigionieri politici ed ebrei. Gli edifici requisiti come luoghi per l’internamento sono due ex conventi collocati alle estremità della città: il convento Francescano di CONCEZIONE e quello Domenicano di SAN BARTOLOMEO, oggi sede del Museo. La scelta dei luoghi è dettata dalla situazione orografica che contraddistingue il centro storico di Campagna: completamente circondato dai monti e con un'unica via d’accesso. In questo contesto ambientale e storico si andò delineando quella che, per vari aspetti, amiamo definire “la storia diversa” di Campagna, caratterizzata dalla figura e dall’operato di Giovanni Palatucci, funzionario dell'ufficio stranieri della Questura di Fiume e dello zio, Mons. Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo della Città di Campagna. GIOVANNI PALATUCCI si è prodigato a rischio della propria vita, per salvare da morte sicura migliaia di ebrei, fornendo permessi speciali, attuando azioni di depistaggio e favorendo la fuga all’estero e l’instradamento nei centri italiani meno esposti alle leggi razziali. Quando non riusciva a salvare i profughi ebrei nell’area di Fiume, attraverso una fitta rete di aiuti e con il supporto dello zio, li conduceva all’ ex Convento di San Bartolomeo, ben lontano dai luoghi dello sterminio. Tra lo zio vescovo e il nipote commissario si instaura una singolare intesa di solidarietà volta ad un’affettuosa azione di salvataggio dei perseguitati. Giovanni Palatucci, una volta scoperto dai tedeschi con l’accusa di collaborazionismo con il nemico, venne arrestato per ordine del comandante Kappler e, successivamente, deportato nel campo di sterminio di Dachau - numero di matricola 117826. Gli stenti e le sevizie del campo ne stroncarono l’esistenza alla vigilia della liberazione del campo, a soli 36 anni (10 febbraio 1945). Nel 1990 lo Stato di Israele lo ha riconosciuto “Giusto tra le Nazioni”, nel 1995 gli è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile “alla memoria” da parte del presidente della Repubblica Italiana. La figura di Giovanni Palatucci è all’attenzione della Chiesa Cattolica per il processo di beatificazione, nel 2004 si è conclusa la fase diocesana del processo di canonizzazione. Nel 2006 anche il Vescovo Palatucci e la Città di Campagna sono stati insigniti da parte del Capo dello Stato di Medaglia d’Oro al Merito Civile. Il Museo Itinerario della memoria e della pace – Centro studi “Giovanni Palatucci” è rivolto a tutti coloro che intendono approfondire la "storia diversa” di Campagna, riconducibile a temi di grande attualità, come: la Shoah, il dialogo interreligioso, la tolleranza, la pace e la fratellanza tra i popoli. Attualmente il Museo è inserito nel sistema museale territoriale della Regione Campania che ha tra gli scopi principali l’organizzazione di attività didattiche ed il collegamento con il mondo della scuola, dell’università, delle istituzioni culturali e della ricerca; tutto ciò assume un’importanza ancora maggiore alla luce di un distorto revisionismo storico che tende a sminuire gli avvenimenti che hanno portato ad un passo dallo sterminio degli Ebrei in Europa. Infatti, estinta quasi del tutto la generazione che è stata protagonista di quegli eventi storici, si pone la necessità di trasferire alle nuove generazioni la prova certa dell’accaduto per evitare che egli errori commessi si possano ripetere.L'itinerario della Memoria e della Pace, realizzato all'interno del Complesso Monumentale di San Bartolomeo, si snoda lungo una mostra permanente di pannelli fotografici che ripercorrono l'intera storia con documenti e immagini della Shoah.
Ma la mostra permanente non è solo un itinerario della Memoria, nel ricordo di uno dei periodi più bui dell'Italia degli anni ‘40: è soprattutto un itinerario della Pace, nel ricordo sempre vivo per la città , della carità e della immensa umanità con la quale l'intera comunità di Campagna ha alleviato le sofferenze dei tanti profughi internati in questo spazio.
Sala introduttiva con proiezione semi olografica.
La postazione immersiva ha lo scopo di coinvolgere ed emozionare il visitatore mediante l’istallazione di un holoscreen su cui è proiettato un video introduttivo che racconta la vicenda di Eugenio Lipschitz (1883-1944), ebreo ungherese internato a Campagna dal 28 Luglio al 22 dicembre 1940. Attraverso la proiezione olografica, il personaggio virtuale cattura l’attenzione del visitatore, accompagnandolo per mano attraverso i suoi ricordi e la sua esperienza nel campo di internamento di Campagna.La galleria fotografica.
La galleria fotografica si articola nei corridoi del quadrilatero del primo piano. Il visitatore troverà 24 espositori con 48 pannelli fotografici bilingue (italiano-inglese). Dalle prime foto di Giovanni Palatucci a Montella, in provincia di Avellino, ritratto con la nonna Carmela, con lo zio vescovo di Campagna, Mons. Giuseppe Maria Palatucci, ai documenti sull’emanazione delle leggi razziali, dalle mappe dei campi di internamento in Italia, a quelli di concentramento e di sterminio in Europa. La condizione degli ebrei nei ghetti e nei lager, allo sterminio di massa e a quello sistematico denominato T4 (eliminazione di persone disabili e malati di mente). Scene di vita cittadina nell’allora italiana Fiume e a Campagna degli anni ’40. Concludono il percorso i documenti che testimoniano la collaborazione tra il nipote questore e lo zio vescovo, tra quest’ultimo e la Santa Sede in favore degli ebrei.La sala del memoriale.
In questa sala espositiva, descrivendo il destino degli ebrei internati a Campagna, vengono presentati diversi stili di vita dal punto di vista sociale, nazionale, culturale e religioso. Nel campo di San Bartolomeo tra il giugno del 1940 e l’8 settembre del 1943 giunsero centinaia di ebrei tutti adulti, maschi e stranieri, ad eccezione di un’unica donna ebrea internata per un breve periodo e di alcuni confinati politici.Tra loro decine provenivano da Fiume e dalle terre irredenti dell’Istria. Le storie degli ebrei internati a Campagna rispecchiano la verità delle culture che caratterizzavano la vita degli ebrei europei prima dell’olocausto. Le storie qui illustrate mettono in luce l’integrazione tra gli internati del campo e la popolazione di Campagna. Cartine geografiche, fotografie dell’epoca e documenti personali testimoniano la dissoluzione del popolo ebraico e del contrasto tra ciò che accadeva nel resto dell’Europa e il trattamento riservato loro dalle autorità, gli addetti alla sorveglianza e l’intera comunità campagnese. I documenti esposti stimolano approfondimenti per studi e ricerche.
Gli spazi della vita quotidiana.
Sempre al primo piano è possibile visitare i luoghi emblematici degli ebrei all’interno del campo: la sinagoga e la camerata, all’interno di questi spazi oggetti di vita quotidiana e suppellettili per i momenti di preghiera. Nel campo di San Bartolomeo sono stati internati ben tre rabbini: l’apolide, ex polacco Blaufeld Wolf, lo slovacco Epstein Bernardo e l’apolide – ex italiano David Wachsberger, officiante nella sinagoga di Fiume.La sala dei nomi, la via della fuga.
Sulle pareti della piccola stanza del museo sono indicati i nomi, i cognomi, le date di nascita, le paternità, le nazionalità e le professioni degli ebrei internati nel campo di San Bartolomeo. Lo spazio è arricchito da un gioco di luci ed ombre, appositamente studiato per simboleggiare la vita e la morte, con un faro luminoso nell’oscurità verso la finestra che simboleggia la salvezza e la via della fuga. Infatti, nei giorni successivi all’annuncio dell’Armistizio dell’8 settembre 1943, nonostante le intimidazioni da parte dei tedeschi, essi vengono liberati dal direttore del campo proprio attraverso questa finestra; l’operazione, concordata con le autorità del posto e dal Vescovo, permetterà agli ultimi internati di scappare sulle montagne circostanti mettendosi al sicuro dai bombardamenti.
La sala della Shoah.
In questa sala, per alcuni aspetti dall’impatto emotivo notevole, si capisce subito la differenza tra gli ebrei deportati nel resto d’Europa e quelli internati nella città di Campagna. Pannelli riassuntivi sui luoghi della shoah, sui numeri dello sterminio, sull’etimologia del genocidio. Brani tratti dal diario di Anna Frank, studi sulla inesistenza delle razze umane fatte dal genetista Guido Barbujani, testimonianze dei sopravvissuti all’olocausto e dichiarazione universale dei diritti dell’uomo corredano le pareti della sala. Sullo sfondo si intravede il binario della morte con il famigerato cancello del campo di sterminio di Auschwitz. Oggetti della sala sono i pannelli che riprendono le scarpe, gli occhiali e le valige appartenuti agli ebrei durante la deportazione. Questa stanza che ricorda gli “orrori” si trova di fronte alla via della fuga, dove attraverso una finestra, hanno trovato la salvezza centinaia di ebrei internati a Campagna.La sala emozionale intitolata a Mons. Giuseppe Maria Palatucci.
Quattro proiezioni sincronizzate raccontano in modo emozionale, attraverso il montaggio di video, fotografie, documenti storici e animazioni il percorso che i deportati erano costretti ad affrontare dalle loro città di origine al campo di internamento di Campagna.Tutta la vicenda degli ebrei a Campagna è articolata in quattro cortometraggi sequenziali della durata di circa 2 minuti:
1- l'arresto, la deportazione, i luoghi di provenienza, il ruolo di Giovanni Palatucci e dello zio Vescovo Giuseppe Maria Palatucci nello smistamento degli Ebrei da Fiume a Campagna;
2- il viaggio, le sensazioni, l'incertezza e l'attesa;
3- l'arrivo a Campagna, la vita nel campo di internamento, la convivenza con la popolazione locale, lo zio Vescovo di Campagna;
4- Lo sbarco alleato, la fuga e la fine dell’internamento, la tragica fine di Giovanni Palatucci.
In questo modo il visitatore può vedere i filmati in circa 8 minuti passando da una postazione all'altra. È cosi possibile ripercorrere virtualmente i momenti diversi della vita di un deportato, collocando cronologicamente le fasi della deportazione e della permanenza a Campagna. I video singoli non hanno una narrazione cronologica ma mostrano una serie di immagini, volti, luoghi e parole, frammenti di memorie (lettere e diari speakerati) per cercare di ricreare l'emozione di un dato evento.
Lo scopo principale della sala emozionale è quindi quello di tracciare un profilo emotivo di una storia (quella dei deportati a Campagna) e attraverso un linguaggio emozionale raccontare i protagonisti e i luoghi, una sorta di "trailer" del museo nel quale è possibile raccogliere stimoli e spunti che si possono approfondire nelle altre sale.
Sala medica intitolata ai medici ebrei Max Tanzer e Chaim Pajes.
Nella sala si racconta in maniera “emozionale” l’eroico operato dei due medici internati nei momenti immediatamente successivi al bombardamento del 17 settembre 1943 che provocò la morte di centinaia di persone nel cuore della città di Campagna.
L’aviazione alleata, infatti, attirata da un camion della Wehrmacht parcheggiato nei pressi del municipio, proprio mentre una folla di civili si accalcava per ricevere la razione di pane, sganciò diverse bombe provocando un disastro. I medici ebrei che erano fuggiti dal campo, nonostante la situazione di pericolo e la possibilità di essere catturati dai tedeschi, si recarono sul posto della strage, dapprima soccorrendo i feriti e poi, per scongiurare il pericolo di epidemie, bruciando i cadaveri
. Il bombardamento del 17 settembre 1943 provocò a Campagna 177 vittime di cui 95 Ebolitani, 36 Campagnesi e 21 Battipagliesi.
L’intervento dei medici internati, Max Tanzer e Chaim Pajes, fu provvidenziale e l’eroicità di questa azione è ricordata anche in articolo pubblicato dalla rivista statunitense Life del primo novembre 1943. Il 6 febbraio 2016, il Sindaco e il Consiglio Comunale di Campagna conferiscono la cittadina onoraria postuma ai due medici ebrei.
Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, il sottufficiale di Pubblica sicurezza Mariano Acone, comandante del campo, in accordo con il Vescovo, diede ordine al custode, Remo Tagliaferri, di far scappare gli ultimi internati da San Bartolomeo, evitando così la cattura da parte dei tedeschi. Gli internati si rifugiarono sulle montagne intorno a Campagna e rimasero nascosti per un lungo periodo.
La sezione donne e Shoa.
Questa sezione del museo, curata per la parte didattica dagli alunni e dai docenti dell’istituto d'Istruzione superiore “Teresa Confalonieri” di Campagna, è dedicata a "Donne e Shoah". Una piccola biblioteca e videoteca raccolgono documenti e testimonianze sulla Shoa e in particolare sulla condizione femminile nei campi di sterminio. Un laboratorio informatico con lavagna multimediale è periodicamente utilizzato dalle scuole per progetti di approfondimento sul tema dell’Olocausto.